martedì 26 settembre 2017

Cuba: Hemingwayana.



Nel centro de la Habana Vieja ci sono tre punti caratteristici del mito hemingwayano.




La Habana Vieja con i suoi 5 km quadrati di compatto e omogeneo tessuto urbano risalente ai secoli XVII e XVIII, esteso tra le acque della baia, la stazione ferroviaria, la Calle Egidio e l'Avveniva Belgica, il centro storico della capitale è il più vasto nucleo coloniale dell'America Latina conservatosi fino ai giorni nostri.
Degradatosi progressivamente dopo l'indipendenza, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo subisce il destino dei centri storici delle città europee: viene abbandonato dalle classi più abbienti, che si spostano in quartieri moderni in fasce più esterne e viene abitato dalle classi più povere.
Negli anni cinquanta è ricettacolo di prostituzione e malavita.
Fulgencio Batista si era riproposto di rifarne il volto radendo al suolo il patrimonio storico ambientale per sostituirlo con un tessuto contemporaneo a sfondo commerciale.
La rivoluzione glielo ha impedito e già negli anni settanta aveva incominciato a mettere mano ai restauri degli edifici più importanti, quando nel 1982 la dichiarazione di tutto il quartiere nel suo complesso a patrimonio culturale dell'umanità e l'ingente iniezione di capitali da parte dell'Unesco hanno accelerato ed esteso i lavori di restauro.
Molto resta ancora da fare, ma la strada è imboccata, anche nella prospettiva di conservare il più possibile attività artigianali e negozi che ne mantengano l'atmosfera e lo spirito.
La stessa atmosfera e lo stesso spirito di quando uno scrittore bazzicava da questi parti: Ernest Hemingway.




Nel centro de la Habana Vieja ci sono tre punti caratteristici del mito hemingwayano.
L'Hotel Ambos Mundos, in Calle Obispo angolo Calle San Ignacio, ospitò il premio Nobel americano, come ricorda la facciata, durante tutti i primi anni dei suoi soggiorni a l'Avana, dal 1932, prima che comprasse la sua residenza Finca Vigia a san francisco de Paula all'est della città. 
Tutto è rimasto come ai tempi dello scrittore. 
Notevole la vista all'ultimo piano sulla città vecchia.







La Bodeguita del Medio in Calle Empedrado 207, di fianco alla cattedrale, è il bar ristorante dove andava a sorseggiare il mojito, il cocktail a base di rum, zucchero, succo di limone, acqua minerale e yerbabuena, la mentuccia che scivola dolcemente in gola ravvivando lo spirito.
Le pareti sono tappezzate di firme, di foto, di ricordi delle centinaia di personaggi, artisti, scrittori, attori, politici, che sono transitati attraverso i suoi stretti locali sempre ridondanti di son, di gente, di fumo, di profumi di rum e di menta.
Locale sapido, è riuscito a conservare un'atmosfera al di sopra della travolgente ondata di turisti.
La cucina criolla è all'altezza della sua fama.






El Floridita, angolo fra Calle Obispo e Avenida Belgica ( Monserrate ), è la culla e cattedrale del Daiquiri.
Si chiamava Pina de Plata, ananas d'argento, quando fu rilevato da Constante Ribalaigua Vert, che mise a punto la ricetta del Daiquiri, consacrato dai consumi straordinari di "Papà Hemingway".
Il restauro del 1991 ne ha conservato lo sgabello, in fondo al bancone del bar della prima sala, per consegnarne alla storia il mito.
La cucina è una combinazione indovinata di sapori criollo internazionali.





Darfur: Una polveriera pronta a riesplodere.


Un genocidio dimenticato.
"Nessuno ne parla ma l'emergenza umanitaria non è mai finita".




Gli accordi di pace di Doha avevano acceso la speranza per milioni di profughi in Darfur (Sudan).
In molti si sono illusi che il cessate il fuoco avrebbe attenuato le sofferenze degli oltre 1,8 milioni di profughi: a meno di un anno da quegli accordi, le violenze sono riprese.
Nella sola settimana tra il 4 e il 10 novembre 13 persone sono state massacrate nel villaggio di Fasher; 107 sono state infettate da un'epidemia di febbre gialla dovuta allo stop imposto dalle autorità nigeriane alla fornitura dei vaccini; un convoglio Onu è stato attaccato e due diplomatici sono stati uccisi vicino a Nyala, capitale della regione.







A lanciare l'allarme, l'Italians for Darfur Onlus, una delle poche organizzazioni umanitarie in Sudan, dopo l'espulsione di 13 Ong accusate di Khartum di "aver inventato le notizie fornite alla corte penale internazionale de l'Aja" che aveva spiccato un mandato di arresto nei confronti dell'attuale presidente Bashir per crimini contro l'umanità.
Oggi, se le autorità di Khartum e Onu non riusciranno a trovare un accordo, e a riprendere la distribuzione di viveri e generi di prima necessità agli sfollati, la situazione non potrà che tornare a esplodere.





Natura: Wwf, il 22% degli eco-reati sono su animali. Associazione Panda chiede stop a 'crimini di natura'.



Wwf, il 22% degli eco-reati sono su animali. Associazione Panda chiede stop a 'crimini di natura'.





Deforestazione, bracconaggio, pesca illegale: sono ''crimini di natura'' che mettono a rischio la sopravvivenza di centinaia di specie, di cui anche l'Italia è vittima. 
Lo ricorda il Wwf in occasione della giornata mondiale della wildlife, #worldwildlifeday, giunta alla seconda edizione (le Nazioni Unite hanno deciso di proclamarla il 3 marzo, anniversario dell'adozione della Convenzione internazionale sul commercio di specie in pericolo, la Cites). 
Il Wwf fa presente che dallo scorso ottobre c'è la campagna 'Stop ai crimini di natura'; ha lanciato in questi mesi una petizione per introdurre il nuovo 'delitto di uccisione di specie selvatiche protette', ''violazione punita sinora con una semplice contravvenzione''. I reati contro la fauna selvatica rappresentano ''il 22% del totale dei reati ambientali''. Finora sono state raccolte oltre 55.000 firme. 
Nel nostro Paese rischiano specie simbolo come il lupo (si calcola che ogni anno siano circa 300 i lupi vittime di questi crimini), orsi, aquile, tartarughe marine.

''Le specie protette, così come gli ambienti naturali e tutta la biodiversità sono un valore e una risorsa che appartiene alla comunità intera - osserva Isabella Pratesi, direttrice conservazione Wwf Italia - i crimini di natura sono un vero e proprio atto contro la democrazia, contro un mondo più equo e giusto e contro un futuro sostenibile e intelligente a cui tutti aspiriamo. I crimini di natura producono nel mondo un fatturato di 213 miliardi di dollari l'anno, un business che alimenta i sistema criminali. 
Fermare questa strage di natura e animali deve essere uno degli obiettivi prioritari nelle agende di governi''. 





Tibet: Le Sacre Grotte di Piyang, uno dei luoghi più misteriosi della Terra



Le Sacre Grotte di Piyang, uno dei luoghi più misteriosi della Terra


Le tradizioni locale fanno risalire l’utilizzo delle grotte ad un periodo molto antico, quando le divinità abitavano sulla terra. Per questo motivo, molto templi sono stati costruiti nelle vicinanze e tutta la regione è ritenuta sacra dai nativi.







Il Tibet, uno dei luoghi più misteriosi e sacri dell’umanità, conserva numerosi segreti di un remoto passato, normalmente inaccessibili ai semplici turisti.
Tra questi, ci sono le Grotte di Piyang, uno dei siti archeologici più importanti del Tibet, situate nella parte occidentale del paese, in prossimità del Sacro Monte Kailash.
“A Piyang ci sono più di 1100 grotte di varie forme e dimensioni, alcune delle quali sono chiaramente siti abitativi, mentre altri sono probabilmente grotte utilizzate per la meditazione”, spiega l’archeologo americano Mark Aldenderfer, professore presso l’Università della California.
I lavori di scavo eseguiti nel sito di Piyang, in collaborazione con un gruppo di archeologi cinesi, sono stati il tentativo di dimostrare la veridicità delle fonti documentarie.
“Avendo una conoscenza sull’antico biddismo tibetano così scarsa, siamo stati fortunati a poter collaborare con Huo Wei e Li Yongxian, due archeologi del dipartimento di storia della Sichuan Union University a Chengdu. Per quanto ne so, è la prima collaborazione tra archeologi cinesi e occidentali in Tibet”, racconta Aldenderfer.
Le Grotte di Piyang non sono l’unico complesso oggetto di esplorazione. Molti altri siti simili sono sparsi in tutto l’enigmatico altopiano del Tibet. Alcuni sono stati scolpiti dalle forze naturali, altri sono evidentemente di origine artificiale, ma sicuramente sono tutti molto antichi.
Gli esseri umani hanno cominciato ad abitare in questa zona del Tibet ben 21.000 anni fa, quindi è molto probabile che ci siano numerosi artefatti sepolti nelle grotte tibetane, nei tunnel e in altre zone misteriose ancora inesplorate.
Le tradizioni locale fanno risalire l’utilizzo delle grotte ad un periodo molto antico, quando le divinità abitavano sulla terra. Per questo motivo, molto templi sono stati costruiti nelle vicinanze e tutta la regione è ritenuta sacra dai nativi.
E’ possibile ammirare molte pitture preistoriche, murales, sculture e nicchie decorate con pregevoli dipinti. Ma il vero oggetto del desiderio degli archeologi è il ritrovamento di un qualche antico documento scritto, che al momento nessuno è stato ancora in grado di individuare.
Il complesso di Piyang copre una superficie di 10 chilometri quadrati, ed è estremamente complessa la sua esplorazione. ”Stiamo solo cominciando a capire la vera importanza delle grotte sacre del Tibet”, spiega Aldenderfer.
“La vastità della regione richiede uno sforzo enorme. Inoltre, il fatto che sia una terra ritenuta sacra crea non pochi problemi per l’accesso ai siti di interesse archeologico. Una volta le grotte erano meta di pellegrinaggi, ma oggi il sito è chiuso al pubblico”.
Solo in tempo e una buona dose di pazienza permetterà agli archeologi di svelare i segreti delle Sacre Grotte di Piyang.


Le Grandi scoperte: Il ritrovamento di un Neanderthal a Madrid potrebbe chiarire il mistero della loro estinzione.



Le Grandi scoperte: Il ritrovamento di un Neanderthal a Madrid potrebbe chiarire il mistero della loro estinzione.




Il Lozoya River Valley, nella catena montuosa di Madrid del Guadarrama, potrebbe essere facilmente chiamata "Valle Neanderthal", dice il paleontologo Juan Luis Arsuaga.
"E 'protetta da due catene di montagne, è ricca di fauna, è un luogo privilegiato dal punto di vista ambientale, ed è ideale per il Neanderthal, dato che ha fornito un ottimo terreno di caccia."
Questo non è solo una ipotesi: gli scienziati che lavorano sul posto a Pinilla del Valle, han trovato già nove denti di Neanderthal, resti di falò e migliaia di fossili di animali, tra cui alcuni da uri enormi (l'antenato dei bovini, ciascuna della lunghezza di due tori), rinoceronti e daini.
L'uomo di Neanderthal è una specie umana che è ben conosciuta ma sconosciuta allo stesso tempo. E 'ben nota, perché numerose vestigia sono stata trovata dal momento in cui hanno vissuto in Europa, tra 200.000 e 30.000 anni fa.
Ma è anche misteriosa a causa dei molti problemi irrisolti che continuano a saltar fuori, tra cui, in primo luogo: perché si sono estinti quando la nostra specie attuale ha fatto la sua comparsa sul continente?
Nessuno sa per certo se l'uomo di Neanderthal è stato in grado di parlare, o se hanno condiviso territorio con l'Homo sapiens, o se entrambe le specie si sono ignorate fino a quando uno, la nostra, ha proliferato, mentre l'altro si è perso per sempre ... Gli scienziati responsabili dei siti a Pinilla del Valle potrebbe fornire contributi significativi a trovare le risposte a queste ed altre domande sulla vita dei Neanderthal.
"Ci sono circa 15 siti in Spagna: nella Cordigliera Cantabrica, lungo la costa del Mediterraneo orientale o in Andalusia, ma nessuna è stato trovata in una pianura spagnola, dove non ci sono formazioni calcaree e grotte non adeguate per preservare i resti umani per migliaia di anni" aggiunge Arsuaga.
Ma Pinilla del Valle è un eccezione alla regola.





"Non c'è calcare qui E 'stato come un tappo di pietra in cui il Neanderthal presumibilmente si rifugiò per preparare la caccia, alle imbarcazioni i loro strumenti, a mangiare ... Non è che hanno vissuto dentro, nel senso di una casa.; vagavano nei campi, e questo è probabilmente più simile a un campo base per rifugiarsi quando ne avevano bisogno. "
È chiaro che il Neanderthal preso cura di loro morti in qualche modo
"Il sito, che ha un grande potenziale, si estende per circa 150 metri e stiamo lavorando in tre aree: la grotta di Camino, il rifugio di Navalmaillo e la grotta di Des-Cubierta, che coprono tre periodi di tempo diversi", spiega Enrique Baquedano, direttore del Museo Archeologico Regionale di Madrid.
Era al piano di Des-Cubierta che un Neanderthal deve aver messo il cadavere di un bambino di età compresa tra due anni e mezzo a tre anni di età. Hanno messo due lastre di pietra e un corno di bisonte sulla parte superiore.
Baquedano spiega che hanno trovato alcuni dei denti del bambino, lo chiamano una bambina, anche se non hanno alcuna prova scientifica del suo sesso, così come un pezzo di carbone che si è stato scoperto solo pochi giorni fa e che consentirà una datazione precisa.
"Sepolture complete, con una struttura chiara che permette ai ricercatori di ricostruire i comportamenti, è una cosa molto rara in qualsiasi parte del mondo", dice Arsuaga, che è anche co-direttore degli scavi nel sito principale preistorico di Atapuerca.
Migliaia di strumenti di pietra sono già stati trovati. "La migliore pietra per scolpire è la selce, ma non c'era in questo territorio, così hanno dovuto accontentarsi di quello che avevano a portata di mano.
Così hanno adattato la loro tecnica al quarzo.
" E peggiore della selce, ma funziona e rappresenta un adattamento mirabile tecnologico . "
E per quanto riguarda la caccia? "Hanno usato le lance di legno temperate con il fuocoe punte di quarzo."
"Qui, in questa valle così pieno di luoghi ricchi, siamo in grado di scoprire un sacco di cose sui Neanderthal, le loro vite e le loro morti, il loro clima, la loro tecnologia e la loro economia", conclude l'archeologo.
"E 'solo una questione di tempo."


domenica 24 settembre 2017

Tunisia: Il mistero del lago comparso dal nulla nel deserto di Gafsa.



All'inizio qualcuno pensava che si trattasse solo di un miraggio, ma quando una volta vicino ci si è resi conto di trovarsi di fronte ad acqua vera: un lago è comparso improvvisamente nel deserto di Gafsa, in Tunisia, e la sua origine rimane ignota.




Un minuto prima non c’era altro che sabbia cocente; un minuto dopo una bellissima distesa di acqua turchese.
È un autentico mistero il fenomeno che ha portato alla formazione di quello che ormai è stato battezzato il Lago di Gafsa, una distesa d’acqua cristallina emersa improvvisa nel deserto tunisino di Gafsa.
A scoprire il lago un pastore, che ha dato la notizia agli altri abitanti. Il lago in poco tempo si è trasformato in una piscina presa d’assalto dai locali che cercavano refrigerio nel deserto di Gafsa, dove le temperature sono ben oltre i 40 gradi. Per celebrare l’evento, i bagnanti hanno aperto anche una pagina su facebook ricca di fotografie.
“La notizia della comparsa del lago si è diffusa a macchia d’olio e ora centinaia di persone, desiderose di sfuggire al caldo soffocante, sono venute a nuotare”, racconta il giornalista del Guardian.
Ma la felicità di chi vive nella zona potrebbe essere facilmente stroncata. Il governo infatti ha ricordato che nella zona ci sono miniere in cui si estrae il fosfato e il lago potrebbe essere contaminato da sostanza chimiche cancerogene. Nel 1886, con la scoperta del fosfato, Gafsa divenne il centro dell’industria mineraria della Tunisia, diventando il quinto esportatore mondiale del minerale.
Un allarme, quello del governo, che i cittadini sembrano non aver ascoltato, come si vede dal video girato e caricato su YouTube che mostra l’assalto alla spiaggia e alle acque del misterioso lago, anche dopo che hanno cominciato ad intorbidirsi.
“I primi giorni, l’acqua era cristallina, di un azzurro turchese. Ora invece è verde e pieno di alche, il che significa che non è alimentato che acqua corrente”, commenta uno dei testimoni.
L’ipotesi più accreditata tra i geologi locali è che un’attività sismica non identificata possa aver spezzato la roccia al di sopra della falda, facendo filtrare l’acqua in superficie. Altri, invece, pensano che si tratti di un semplice accumulo di acqua piovana.
Dieci giorni fa, Hatef Ouigi, dell’Ufficio di pubblica sicurezza di Gafsa, ha avvertito che immergersi nel lago è pericoloso, in quanto non adatto alla balneazione. Si è trattato di un provvedimento cautelare, in attesa che gli scienziati prelevino campioni d’acqua per le analisi di laboratorio. “A seconda dei risultati, prenderemo provvedimenti”, ha detto Ouigi.
Da allora, non c’è stata alcuna ulteriore comunicazione ufficiale, anche se gli esperti hanno avvertito che se il lago è venuto fuori dalla rottura di una falda, l’acqua potrebbe scorrervi in direzione opposta, trascinando con sé i bagnanti.


Le nascite sincronizzate degli animali del Grande Nord.





Sulle isole dell'arcipelago delle Svalbard, nel Mar Glaciale Artico, alcuni eventi meteorologici estremi hanno l'effetto di sincronizzare i ritmi di vita di tutte le popolazioni di erbivori che vi vivono, e di riflesso anche quelli di un loro predatore, la volpe artica. 
Questa sincronizzazione riguarda i tassi di mortalità delle differenti specie nelle diverse stagioni, ma anche il periodo di nascita dei piccoli. 
I meccanismi attraverso cui si realizza questa sincronizzazione sono stati chiariti da un gruppo di ricercatori diretti da Åshild Ø. Pedersen.  
In sintesi, la sincronizzazione si realizza quando sulla coltre di neve cade della pioggia che, gelando, serra in una morsa la vegetazione, riducendo notevolmente la possibilità di foraggiamento degli erbivori. 
E' dunque il clima che determina, sia pure indirettamente, le dinamiche delle popolazioni di tutti i vertebrati delle estreme regioni settentrionali. 
Dato che si prevede che questi fenomeni siano destinati a diventare più frequenti nelle regioni circumpolari, è verosimile che ne risentiranno diverse caratteristiche degli ecosistemi.




Usa: Trascorrere una notte nell’hotel di Shining


Lo Stanley Hotel è divenuto la Mecca degli amanti del genere horror che accorrono numerosi per scoprire cosa nasconde questo luogo 


Lo Stato Americano del Colorado è pieno zeppo di città fantasma, abbandonate una volta conclusasi la corsa all’oro. Non sorprende quindi che sia il luogo preferito da Stephen King, uno dei più celebri autori di letteratura horror.

Situato nel cuore delle Montagne Rocciose, a Estes Park, lo Stanley Hotel è un albergo di 142 camere in stile coloniale inaugurato nel 1904. È stato proprio questo hotel a ispirare, nel 1977, il suo best seller The Shining ed è stata anche la location in cui è stato girato il film di Stanley Kubrick con Jack Nicholson nel 1980. La miniserie televisiva Shining del 1997 è stata anch’essa girata proprio nell’hotel. Nel libro e nel film l’hotel però si chiama Overlook Hotel. Sul canale 42 delle Tv nelle camere dell’hotel viene trasmesso continuamente il film di Kubrick.




L’hotel è divenuto la Mecca degli amanti del genere horror che accorrono numerosi per scoprire cosa nasconde questa proprietà infestata e desiderosi di assistere in prima persona a qualche attività paranormale. Vengono anche oragnizzati dei ghost tour.  L’ampia finestra in cima alla grande scalinata da cui soffiano le correnti provenienti dalle montagne e i cunicoli che si trovano nelle fondamenta dell’edificio sono responsabili delle terribili leggende e delle storie di fantasmi che si raccontano da queste parti. Quando Stephen King vi trascorse una notte in compagnia della moglie nel 1974 (nella stanza 217), scoprì che erano gli unici ospiti dell’hotel. Cenarono in una sala da pranzo completamente vuota allietati dalla musica classica. “Era come se Dio mi avesse messo lì per sentire e vedere quelle cose”, aveva raccontato King.

Quella stessa notte, mentre dormiva, l’autore face un sogno: “Sognai mio figlio di tre anni che correva lungo i corridoi guardandosi alle spalle, gli occhi spalancati e lanciando terribili grida. Era inseguito da una manichetta anti-incendio. Mi svegliai di sobbalzo urlando, tutto sudato e per poco non cadevo dal letto. Mi alzati, accesi una sigaretta, mi sedetti su una sedia guardando fuori dalla finestra in direzione delle montagne e, quando ebbi finito di fumare, avevo il canovaccio del libro bene impresso nella mia mente”.




Luoghi: I parchi nazionali della Polonia.




Natura selvaggia.
Delicate orchidee che fioriscono sulla sabbia, giganteschi bisonti che pascolano liberi, dune "sahariane" in riva al mare e foreste come in Canada: è il patrimonio dei parchi nazionali polacchi, ventidue "banche biologiche" di una ricchezza unica in Europa.






Se per caso un giorno, andando per funghi, vi perdete nei boschi, e dopo giorni di cammino vi trovate a tu per tu non con un porcino ma con un bisonte, non preoccupatevi: vuol dire che siete finiti in Polonia.
Così se per caso, facendo jogging su una spiaggia, dopo aver macinato più chilometri di Forrest dump trovate dune alte come colline, non pensate di esservi perso nel Sahara: anche stavolta siete finiti in Polonia.
Se poi in cielo scorgete in cielo una cicogna nera invece che bianca, se sulle dune vedete sbocciare un orchidea o se vi sorpassa un cavallo selvaggio al galoppo, non pensate di aver bevuto due birre di troppo: siete sempre in Polonia.
E' uno strano paese quello che si estende oltre l'Ode: ha ( o ha avuto ) alcune fra le industrie più inquinanti d'Europa; ba basta allontanarsi dalle ciminiere per trovare una natura selvaggia, spettacolare. E Varia: sul baltico, Polonia vuol dire dune come nel Sahara, in Podlachia foreste come in Canada, in Masuria laghi come in Finlandia, sui Tatra pareti a picco come sulle Dolomiti.





A tutelare gli ambienti naturali più interessanti oggi ci sono 22 parchi nazionali, sei dei quali ( Babiogòski, Bieszczadzki, Tatrzanaski, Karkonoski, Bialowieski, Slowinski ) sono così preziosi che l'Unesco li considera "riserve della biosfera".
I primi quattro sono parchi di montagna: il Babiogòrski e il Bieszczadzki, proteggono i monti Beschidi, una catena boscosa abitata da lupi, linci e orsi bruni; il Tatrzanski comprende l'imponente catena dei Tatra; il Karkonoski in fine tutela parte dei Sudeti, una straordinaria "banca biologica" del regno vegetale, dove ci sono fra l'altro 452 specie di muschi, 400 di licheni e 80 di funghi.
Molto diversi sono gli ultimi due, i più famosi di tutti: lo Slowinski ( ovvero il "Parco delle Dune") è infatti un deserto in riva al mare; quanto al Bialowieski, è un immensa foresta di pianura, rimasta vergine dalla preistoria.




Se avete tempo per visitare un parco solo, scegliete il Bialowieski.
La sua porta d'accesso è un villaggio forestale della Podlachia chiamato Bialowieza, cioè "Torre Bianca".
In realtà, laggiù di torri non ce n'è mezza; ma in compenso bianco è tutto, per 5 mesi all'anno, quando la neve copre la distesa di alberi che dal villaggio raggiunge il confine con la Bielorussa e poi lo supera.
Sui due lati della frontiera crescono gli stessi alberi e cade la stessa neve, perché la natura non segue i confini dell'uomo.
Anche se molto ridotto rispetto ai suoi confini naturali, il Bialowieski rappresenta per l'Europa ciò che il Serengeti è per l'Africa e Yellowstone per l'America: cioè un posto dive un continente conserva la sua natura come era in origine, prima che l'uomo ne cambiasse gli equilibri.
La regione fra Polonia e Bielorussa è infatti la fotografia di come era l'Europa diecimila anni fa: una sterminata distesa di conifere (abeti) e latifoglie (tigli, querce, faggi, frassini, olmi), con alberi di età e misure incredibili.
Ben 964 piante del Parco sono così imponenti da meritare il titolo di monumenti nazionali; la lista comprende anche tigli di 400 anni.
La fauna non è da meno.
Camminando i silenzio nella foresta è facile vivere incontri emozionanti: nelle pozze si bagnano alci e cinghiali, nelle radure pascolano i cervi e caprioli, nei torrenti nuotano lontre e castori, nel folto cacciano linci e lupi.







Già questo basterebbe per far perdere la testa a qualunque naturalista; ma le chicche del parco sono altre due: il tarpan, un cavallino selvatico un tempo comune in tutto l'Est; e soprattutto lo zubr, cioè il bisonte europeo, animale simbolo della natura polacca, più grosso e più raro del suo omologo americano.
Lo Slowinski è tutto un altro mondo rispetto al Bialowieski.
I due parchi distano tra di loro 600 chilometri, cioè quanti ne corrono dalle pianure della Podlachia al Mar Baltico: lo Slowinski si stende infatti molto a nord, a ridosso del porto di Leba, dove ogni anno approdino battelli cariche di sogliole e gamberetti.
Tutti lo chiamano "Il Parco delle Dune" o "Sahara Polacco", ma sono nomi impropri: infatti gli spettacolari monti di sabbia per cui lo Slowinski è famoso coprono solo il 5% dell'area protetta.
La maggior parte del Parco "sahariano" è occupata da due laghi, il Lesbko e il Gardno, ex baie che una fila di dune ha staccato dal mare.
Ma in fondo sono proprio quei laghi, luminosi e improbabili come miraggi, la vera ricchezza del Parco: infatti le loro acque, in posizione strategica sulla rotta delle migrazioni, danno asilo a una miriade di uccelli.







Strano Paese, la Polonia:è il minimo che si possa dire, per una terra dove le cicogne vivono nei boschi, i bisonti sono iscritti all'anagrafe e i deserti fanno da cornice al mare.
E non è tutto, perché se guardate bene tra le dune del Parco Slowinski forse vi capiterà di vedere la cosa più strana di tutte: un'orchidea che fiorisce lassù, proprio in mezzo alla sabbia.
Quel fiore un po' come il bisonte: un souvenir di tempi lontani, quando l'Europa non aveva bisogno di parchi perché tutte le pianure erano foreste e tutte le spiagge vivai.
Ma davvero la Polonia è un Eden intatto? Piacerebbe poterlo dire ma non è così.
Andate oltre l'apparenza: i parchi polacchi sono splendidi ma pieni di problemi.
Anni fa le foreste erano minacciate dai fiumi di industrie troppo spartane, che causavano piogge acide.
Invece oggi il pericolo nasce proprio da chi tenta di rendere l'economia un po' meno spartana.
Di recente Varsavia ha ottenuto dalla Banca Mondiale 146 milioni di dollari per rimodernare l'industria forestale; vuol dire che forse in futuro i boscaioli di Bialowieza camperanno meglio, ma anche che appena fuori dai confini del Parco molti alberi cadranno e ritmi accelerati.
Così gli ecologisti sono sul piede di guerra: chiedono che tutta la foresta diventi area protetta.
Ma questa è tutta un'altra storia, ancora da scrivere.
Solo il titolo è pronto: Bisonte Story atto secondo.





sabato 23 settembre 2017

Africa: Vita quotidiana. Arti del corpo.


"Neppure il parrucchiere più abile può tagliarsi i capelli da solo".
( proverbio Congo ).



I Bafia del Cameroun spiegavano la foratura delle orecchie e la limatura dei denti sostenendo che altrimenti sarebbero somigliati a scimpanzé o porci.
Il corpo offre alle società africane un campo metaforico attraverso cui rappresentare le relazioni sociali e il luogo su cui imprimere il proprio segno modificandone volume e superficie.
L'acquisizione di status definitivi o temporanei è marcata attraverso modificazioni permanenti (scarificazioni, tatuaggi, mutilazioni, deformazioni ossee ), oppure transitorie e ripetibili ( colore, abbigliamento e acconciature, soggetti a prescrizioni e divieti, è una modalità di espressione delle gerarchie sociali.
Non si tratta però di un quadro statico; vi è spazio anche per le mode, per cambiamenti generati localmente o importati dall'esterno e per apprezzamenti estetici.
Nudità e trascuratezza nella cura dei propri capelli sono in Africa il segno della marginalità sociale e di un'umanità minacciata dall'animalità o dal disordine della morte: il lutto è spesso contrassegnato dalla nudità e dalla rasatura della testa così come l'iniziazione, in cui si muore simbolicamente per rinascere trasformati; elementi che servono anche a sottolineare lo status pre-sociale e scarsamente umanizzato dei bambini.
Capelli lunghi e spettinati sono invece spesso il segno della perdita della ragione, dell'apparizione di spiriti malvagi.





Il colore è oggetto giudizi che sono al contempo etici, medici, religiosi ed estetici.
La bellezza non è un dato naturale di partenza ma il risultato di una cura del corpo che si esprime attraverso la pulizia e la cosmesi.
Presso i Mende della Sierra Leone ad esempio, una pelle nero lucente e levigata ottenuta con continue applicazioni di olio rappresenta l'ideale della bellezza femminile.
La concezione africana del colore poggia sulla terna bianco, rosso, nero, con il rosso che fa da mediatore.
Fra i Ndenbu del Congo il rosso è simbolo del sangue, il bianco del latte materno e dello sperma e il nero delle feci e dell'urina.
Bianco e nero esprimono il contrasto tra bontà e cattiveria, vita e morte, salute e malattia.
Il bianco del latte materno, dello sperma e della farina è associato al nutrimento, alla procreazione, alla verità e alla purezza rituale.




Fra gli Yoruba della Nigeria la scarificazione del corpo mira ad ottenere un equilibrio compositivo ( idogba ), tanto tattile che visivo, che è il risultato dall'alternanza e combinazione di superfici lucide e opache, levigate e ruvide, attentamente incise e lavorate: il nero del pigmento usato nelle scarnificazioni modera la lucentezza della pelle modificandone il colore.