lunedì 5 dicembre 2016

Le grandi spedizioni: George Bass, alla ricerca delle culture sommerse.


Nel 1960, quando studiava la civiltà micenea all'Università della Pennsylvania, George Bass si vide offrire un'opportunità che non poteva rifiutare: dirigere i lavori di recupero di numerosi manufatti bronzei al largo di Capo Chelidonia, all'estremità sud-occidentale della Turchia.





Per il giovane si sarebbe trattato di uno scavo diverso da qualsiasi altra indagine archeologica che avesse mai condotto.
In primo luogo il sito era sommerso da 28 metri d'acqua, perciò avrebbe dovuto imparare a immergersi.
Si scrisse alla YMCA ( Young Men's Christian Association ) locale per prendere lezioni, quindi partì alla volta della Turchia.
In quei tempi la pianificazione sugli scavi sottomarini era un'impresa totalmente nuova, benché il recupero dei relitti fosse una pratica antica quanto i relitti stessi.
Da sempre le navi affondate avevano attratto individui decisi a impadronirsi dei loro carichi di dobloni d'oro, gioielli e innumerevoli altri tesori.
Negli anni cinquanta persino Jacques-Yves Cousteau aveva recuperato alcune anfore dal relitto di una nave greca, affondata nel Mediterraneo 2200 anni prima, senza preoccuparsi dei preziosi resti in mezzo ai quali giacevano gli antichi recipienti.
Gli scavi di Capo Chelidonia rivelarono non un cumulo casuale di manufatti, ma i resti di una nave dell'Età del Bronzo, colata a picco intorno al 1300 a.C.
Pur sforzandosi di essere scrupoloso come se lavorasse in un sito archeologico di terraferma, Bass si trovò comunque a dover improvvisare.




Per prima cosa i subacquei fotografarono il relitto e tracciarono alcuni schizzi dei manufatti, servendosi di normali matite e di fogli di plastica.
Inoltre, poiché la corrosione e la flora sottomarina avevano "fuso" con il fondale il carico della nave, Bass dovette staccarne i pezzi con il martinetto di una jeep e trainarli in superficie con il verricello, per poter separare a riva i singoli reperti.
L'età del vascello fu determinata esaminando la foggia del vasellame ed effettuando la datazione con il carbonio 14; la sua provenienza fu stimata in base al tipo di carico.
I lingotti di rame, del peso di 20 chili ciascuno, dovevano essere originari di Cipro, mentre gli altri manufatti sembravano prodotti siriani e palestinesi.
Bass ne dedusse che la nave era cannacea o fenicia e che aveva caricato i lingotti dopo il tragitto dalla Siria a Cipro: era iniziata l'era dell'archeologia marina.




Le acque dell'Egeo e del Mediterraneo al largo della Turchia, per secoli testimoni di guerre e commerci tra la Grecia Micenea, Troia e altre culture, si dimostrarono terreno fertile per gli archeologi sottomarini.
Molti ricercatori devono il loro successo ai pescatori di spugne turchi, i quali, nel corso di migliaia di ore trascorse nelle acque lungo la costa, hanno imparato a riconoscere ogni gobba o asperità che possa indicare la presenza di strutture artificiali.
Oggi si usano tecniche moderne di ricerca e sofisticate apparecchiature, come il sonar e l'ecoscandaglio, ma nel volgere degli anni i pescatori di spugne si sono rilevati almeno altrettanto efficaci nell'individuare i relitti sommersi.
L'oggetto della successiva ricerca di Bass fu una nave bizantina naufragata nell'Egeo.
Il sito posto a 37 metri di profondità al largo di Yassi Ada, "l'isola piatta", presenta un ammasso di anfore rotonde e alcune ancora corrose poste a un'estremità del cumulo.
Bass realizzò un particolare sistema di mappatura, stendendo reti metalliche su tutta l'area.
I sommozzatori etichettavano ciascun reperto e i disegnatori ne registravano la collocazione in siti prima del trasporto in superficie.




Una sorta di "aspirapolvere" risucchiava cumuli di fanghiglia a bordo di una chiatta, sulla quale il materiale veniva accuratamente vagliato alla ricerca di altri manufatti.
Allo scopo di documentare il sito Bass collocò due installazioni fotografiche sottomarine.
Per i frammenti lignei della scafo, ridotti dai secoli di immersione a una consistenza simile a quella del legno di balsa, Bass escogitò una soluzione molto ingegnosa: servendosi di 2000 raggi di bicicletta li segnalò sul fondale, dove un assistente registrò la posizione di ciascuna tavola di legno, di ogni foro di chiodo, di ogni tacca e di ogni mortasa, utilizzando poi i dati ottenuti per disegnare i contorni del vascello.
Nel corso delle ricerche successive, compresa quella di un relitto romano presente nello stesso sito, Bass introdusse alcune innovazioni e migliorie, tra cui una sorta di campana subacquea trasparente, la cosiddetta "cabina telefonica", sotto la quale i sommozzatori potevano riposarsi e parlare tra loro e con la superficie senza dover riemergere ogni volta.
Alle profondità a cui lavoravano, a causa del rischio di embolia gassosa le sessioni di lavoro non potevano durare più di venti minuti.
Perciò, dato che la decompressione era assolutamente necessaria, Bass collocò lungo il cavo di risalita diverse riserve d'aria, grazie alle quali i subacquei potevano respirare ossigeno alla giusta pressione.





Per aiutarli a combattere la noia, a ogni stazione veniva sospeso un bidone contenente libri e riviste.
In seguito Bass avrebbe aggiunto alla sua attrezzatura una camera di decompressione sottomarina in grado di alloggiare quattro persone.
Inoltre, allo scopo di riportare in superficie i reperti, fece installare numerosi dispositivi, compresi alcuni palloni che sollevavano gli oggetti a velocità costante.
Quarant'anni dopo aver indossato per la prima volta maschera e bombole per tuffarsi nel Mar Egeo, George Bass resta il decano degli archeologi subacquei; attualmente, questo pioniere di un tipo di indagine completamente nuova, lavora all'Istituto di Archeologia Nautica da lui stesso fondato presso la Texas Agricultural and Mechanical University.
Il ritrovamento al largo di Ulu Burun, in Turchia, di un relitto datato all'Età del Bronzo e contenente reperti di almeno sette civiltà differenti resta tuttora il suo più grande successo: ci vollero quattro anni e non meno di 4000 immersioni per completare il recupero dei tesori di quella nave lunga 15 metri, che ha offerto un contributo importantissimo del commercio di più di 3000 anni fa.